Risparmiamo al lettore gli eventi politici e militari legati alla tragedia della I guerra mondiale, che fu una guerra di massa, combattuta soprattutto per terra, ma anche per mare e nell’aria, con l’impiego di nuove armi (carri armati, aerei, sommergibili) mai prima usate, e con il ricorso a nuovi mezzi di lotta economica e psicologica.
Molti soci dell’Adria parteciparono a tale conflitto, combattendo dalla parte austriaca, per poi ritrovarsi a vivere ed operare nella Trieste liberata.
Riprendiamo allora il cammino dell’Adria da quel 3/11/1918, quando il cacciatorpediniere Audace attracca al Molo S. Carlo, con a bordo il gen. Carlo Petitti di Roreto che prende possesso della città in nome del Re d’Italia. Dopo quindi cinque secoli di appartenenza all’Austria, Trieste entra a far parte del giovane Regno d’Italia (nato nel 1861).
E non sono stati anni facili per il ns. sodalizio quelli del primo dopoguerra, in quanto il Governatorato militare della Venezia-Giulia ebbe a raccogliere a carico dell’Adria delle informative non del tutto positive, tant’è che, pur riconoscendole la veste apolitica ed i fini esclusivamente sportivi, la collocavano tra le società devote all’Austria, evidenziando la figura del Presidente Riccardo Klasing come quella di un austriacante di sentimenti, avendo combattuto nell’esercito austriaco col grado di tenente, e soprattutto la equivoca posizione del di lui fratello, dimorante durante la guerra in Svizzera, ed in odore di attività di spionaggio a favore dell’Austria.
Fu la decennale presidenza di Ernesto Krauseneck (1/10/1918 – 11/12/1928) a traghettare l’Adria verso una graduale normalizzazione dei rapporti con il Comando Difesa Militare Marittima e con il Comissariato Generale Civile per la Venezia Giulia.
Solo nel 1920 l’Adria ebbe dalle Autorità portuali competenti la conferma della sua esistenza in vita, sulla base della traduzione italiana del precedente statuto redatto in lingua tedesca, modificato solo per la valuta italiana dei canoni sociali, e con la specificazione che la bandiera sociale non aveva alcuna allusione alle insegne del passato regime austriaco, portando nel riquadro superiore azzurro, dalla parte dell’asta, l’alabarda, stemma dell’amata Trieste.
Con la firma del trattato di Rapallo, il 20/3/1921 Trieste festeggia in P.za Unità la formale annessione della Venezia Giulia all’Italia e nel 1922, a seguito della marcia su Roma, inizia il ventennio mussoliniano. Sono anni di grandi cambiamenti per la città, che, dopo la violenta radicalizzazione della vita politica degli anni 1919-1921, si avvia lentamente ad un periodo di normalità, con un rilancio dell’imprenditoria triestina e dei traffici portuali, in gran parte dovuto all’impegno profuso dalle famiglie Scaramangà, Economo, Brunner, Morpurgo, Cosulich e Frigessi.
Il Presidente dell’Adria Krauseneck provvede in questi anni a riparare il galleggiante danneggiato durante la guerra, riammoderna il parco imbarcazioni (acquistando un outrigger a otto, unica imbarcazione mancante) e nel 1922 fa riprendere l’attività agonistica, con le prime vittorie nel 1924 ai campionati dell’Adriatico a Grado (nell’outrigger a 4 jun.) e nel 1925 ai Campionati Giuliani a Fiume.
Primeggiano tra gli atleti del tempo Giorgio Oberwegher e Lucy Rötl.
Le vittorie a livello nazionale arrivano nel 1925, grazie all’arrivo di Pino Culot, entrato all’Adria quale socio ed allenatore.
L’11/11/26 una violenta mareggiata rompe gli ormeggi del galleggiante, che finisce contro il molo subendo gravi danni. Per raccogliere fondi per le riparazioni l’Adria organizza il famoso “Ballo in fondo al mare”, che si tiene in maschera e con grande successo di partecipanti nella sala “Tina di Lorenzo” del palazzo Dreher.
Nel maggio 1927 ad ogni società remiera vengono assegnati dieci avanguardisti (dai 14 ai 18 anni) per avviarli allo sport della voga; l’Adria, per la loro istruzione, designa il Sig. Kahr.
Nello stesso anno avviene la ristrutturazione del CONI, con il nuovo statuto che lo pone alle dipendenze del Partito nazionale fascista. Ed analogalmente avviene per i presidenti delle singole federazioni. Le stesse società sportive (e quindi anche l’Adria) vengono poste sotto il controllo delle federazioni provinciali fasciste, attraverso la creazione di un Ente provinciale fascista sportivo alle dirette dipendenze del segretario federale.
La fascistizzazione dello sport italiano vede assegnato al CONI il compito di gestire gli sports di vertice (tra cui il canottaggio) in preparazione delle Olimpiadi ed al dopolavoro la dimensione non selettiva dello sport.
Tali provvedimenti segnano il tramonto definitivo dello Stato liberale, e l’irruzione, anche nel mondo dello sport, del nuovo assetto politico (ma anche sociale e morale) che determinerà poi l’era ed il regime fascista.
Ed anche il Presidente Krauseneck assapora il nuovo corso, in quanto i presidenti non verranno più eletti dall’assemblea dei soci, ma solo proposti dalle direzioni uscenti all’Ente provinciale fascista sportivo, che ne convaliderà l’elezione. I presidenti poi potranno nominare direttamente i propri collaboratori.
Con questo nuovo metodo viene eletto al timone dell’Adria prima il dott. Riccardo Maramaldi (dal 12/12/28 al 30/5/31) e poi in sua vece l’avv. Riccardo Gefter–Wondrich, che rimase in carica per ben 14 anni (dall’1/6/31 al 15/6/45).
In verità, l’avv. Riccardo Gefter–Wondrich era socio del Rowing Club Triestino e venne designato alla reggenza dell’Adria in attesa che alcune ombre che gravitavano sull’Adria potessero svanire. Il mandato era teso ad individuare la presenza all’interno della società di elementi antitaliani, austrofili, o non in sintonia con il regime, ed il reggente aveva al riguardo i più ampi poteri, anche di carattere liquidatorio (sulla falsariga di quanto accaduto al Club Hansa). Ebbene il Presidente Wondrich non solo ebbe a verificare i connotati meramente sportivi dell’Adria, ma da vero sportivo qual’era, ebbe a difendere il sodalizio nei confronti delle Autorità, affezionandosi ai colori sociali anche dopo il periodo di presidenza.
Nel 1932 l’Adria decide di elevare a 12 gli avanguardisti proposti dall’Opera Nazionale Balilla. Nello stesso anno l’Adria è campione nazionale nel due con junior (Romano, Wieland, tim. Cesarini), con la yole a 4 esordienti (Fonda, Fantini, Bevilacqua, Negrelli, tim. Culot), e con la jole a 4 junior (Ciani, Mogorovich, Albanese, Acunzo, tim. Cumbat); giunge poi seconda nello skiff junior (Curto).
Nel 1933 ai Campionati dell’Adriatico di Abbazia, si pongono in luce la yole a 8 esordienti con l’armo delle mitiche Gallinelle (Fonda, Orel, Delzotto, Fantini, Bevilacqua, Zanon, Fabbri, Levitus, tim. Culot) ed il singolo senior (Livio Curto).
Nel 1934 ai Campionati nazionali assoluti vincono il doppio skiff junior (Fabbri-Levitus), ed il 4 con junior (Fonda, Fantini, Bevilacqua, Zanon, tim. Culot).
Nel 1935 ai Campionati nazionali assoluti vincono il doppio skiff junior (Skerl-Bevilacqua), il doppio skiff senior (Curto-Levitus) ed il 4 con esordienti (Rizzi, Albanese, Arnerich, d’Amore, tim. M. Starec); ai Campionati giuliani vincono la yole a 2 junior (Skerl-Bevilacqua-tim. Starec) e la yole a 4 esordienti.
Dopo questa serie di vittorie, per un diverbio con il Capocanottiere Majorkas, il maestro Culot viene esonerato dall’incarico di allenatore, e con lui, secondo copione, se ne vanno i migliori atleti.
Non bisogna a questo punto del nostro racconto perdere di vista le vicende storiche di quegli anni.
Il periodo 1929-1934 fu infatti per il regime fascista ed in sostanza anche per Mussolini il momento del maggior consenso e della maggior solidità. Ed anche Trieste potè in quegli anni godere di particolari attenzioni da parte del regime, grazie agli appoggi romani (vedi l’Ing. Giuseppe Cobolli-Gigli, già segretario federale triestino e poi ministro per i LL. PP.; Fulvio Suvich, sottosegretario alle Finanze nel 1926, delegato italiano alla Società delle Nazioni, sottosegretario agli Esteri nel 1932, ed ambasciatore a Washington nel 1936).
Vengono così iniziati e completati diversi importanti complessi edilizi (si pensi all’Università, alla Questura, al nuovo volto di S. Giusto, al Palazzo di Giustizia, allo Stadio del Littorio, alla Casa del Combattente, al Liceo Dante, ai “topolini”, alla Stazione autocorriere, al Corso Italia), e vennero riordinati i cantieri con il varo delle belle navi di linea Saturnia, Vulcania, Neptunia, Oceania, Conte di Savoia, oltre a tante navi per la marina militare.
Nella notte trionfale del 9/5/36 Mussolini annuncia che l’Italia ha finalmente il suo Impero ed è la più grande vibrazione dell’anima collettiva del popolo italiano di quegli anni.
A Torino la Fiat lancia la Topolino; la BBC inizia le trasmissioni televisive regolari. Nel 1937 Picasso dipinge Guernica e a Roma si inaugura Cinecittà.
Ma ritorniamo all’Adria del 1938, quando rientra il maestro Pino Culot, divenuto nel frattempo allenatore federale, e, con il suo ritorno, il sodalizio riprende a vincere.
Pino Culot fa parte della storia dello sport triestino per aver saputo coniugare come pochi altri il ruolo di atleta e quello di allenatore, trasmettendo ai giovani l’istruzione teorica, l’allenamento intenso e l’impostazione dello stile di voga (è sua la famosa frase “i remi non sudano”, per confermare che solo con il sudore degli atleti si possono ottenere i grandi risultati sportivi).
Le stesse metodiche Pino Culot saprà trasfondere qualche anno più tardi anche nel settore pugilistico.
Nel 1939 l’Adria partecipa con successo ai Campionati giuliani del 4 giugno ed il 2-3 settembre alle Regate nazionali ed internazionali di Barcola, ove primeggia tra gli altri il campione Bruno Cressa.
Nel 1940 ai Campionati giuliani vince la yole a 4 esordienti (Cressa, Scodavolpe, Ferlatti, Martini, tim. Manfreda).
Si registrano altresì nello stesso anno le vittorie al II Campionato dei Giovani, l’aggiudicazione della Coppa Caccialanza il 2 e 3 agosto a Venezia, e delle due coppe messe in palio dal Dopolavoro provinciale, vinte per il maggior numero di partecipanti ai raduni di Muggia e Capodistria.
Ma sempre nel 1940 l’Italia entra in guerra a fianco dei tedeschi ed anche il Presidente Gefter Wondrich (chiamato alle armi nel corpo degli alpini) deve delegare il cap. degli Ivanissevich e Notarangelo alla provvisoria reggenza dell’Adria.
Nel 1941 l’Adria partecipa a 18 regate vincendone 16. Si aggiudica la coppa Caccialanza (con la yole a 4, tim. Manfreda) e primeggia ai campionati nazionali nella categoria junior con la yole a 8 (Ferlatti, Pellizzaro, Scodavolpe, Cressa, Tomasi, Martini, Dequal, Culot, tim. Manfreda), il singolo (Dequal), la yole a 4 (Ferlatti, Pellizzaro, Cressa, Tomasi, tim. Manfreda), la yole a 2 (Ferlatti, Aprato, tim. Manfreda) ed il due senza (Dalla Torre-Devescovi).
Alla fine del 1941 l’Adria (ancora una volta con spirito pionieristico) apre una sezione agonistica femminile.
Nel 1942 ai Campionati italiani l’Adria vince la Coppa Giovinezza e la Coppa Mariani con il canoè di coppia di Ferlatti e Pellizzaro, nonché con il quattro con esordienti (con Ferlatti, Cressa, Martini, Scodavolpe, tim. Vellat).
Ai Campionati nazionali di Trieste vincono il 4 con esordienti (Coppa Podestà di Capodistria), il canoè a due juniores (Coppa Generali), ed, alle gare riservate ai novizi, con la yole a 8 ed il canoè di coppia.
Anche le “mule” riportano una vittoria nella gara internazionale riservata al canoè di coppia.
Nel marzo del 1943 per una nuova incomprensione con il capocanottiere Macchi l’allenatore Culot dà le dimissioni e, contemporaneamente, ben 46 studenti universitari (tra cui molti atleti) si dimettono per un problema di riduzione dei canoni. Assumono l’incarico di allenatore prima il socio anziano Baethge e poi l’ex-atleta Manfreda.
I venti di guerra provocano per il resto una sospensione dell’attività remiera agonistica, ed una forte riduzione delle uscite anche a livello diportistico.
Molti soci sono infatti assenti, essendo richiamati alle armi sui vari fronti di guerra, ed anche le leggi razziali allontanano da Trieste alcuni soci.
Arriviamo così al 25 luglio 1943 con la caduta di Mussolini, la fuga del Re, ed il governo Badoglio, e poco dopo all’armistizio dell’8 settembre, con l’inizio del periodo più tormentato per la storia della nostra città.
Il primo ottobre 1943 Trieste passa sotto il controllo del Gauleiter e luogotenente del Reich dott. Friedrich Rainer, nominato da Hitler Supremo Commissario della “Operationszone Adriatisches Küstenland”. E per ben quasi due anni sul pennone del galleggiante, accanto alla bandiera dell’Adria, sventola quella germanica.
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